Enrico INTRA
Milano Strut
Dialogare con Enrico Intra significa immergersi nella storia del jazz italiano dal dopoguerra ad oggi e ripercorrerne le tappe più significative. Pianista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra, a 81 anni (è infatti nato a Milano nel 1935) Intra è ancora un curioso ricercatore e un instancabile animatore di iniziative didattiche e culturali. Un’attività condotta con quella stessa lungimiranza che già negli anni Cinquanta lo aveva portato a sperimentare una via europea al jazz – al pari di Giorgio Gaslini, Martial Solal, Michel Portal, Albert Mangelsdorff, Krzysztof Komeda - attraverso l’innesto nell’impianto del linguaggio afroamericano di elementi desunti dal patrimonio classico contemporaneo.
Nel suo caso, l’approccio onnivoro e lo sguardo critico alla musica del Novecento – sempre uniti alla profonda conoscenza della tradizione del jazz e coniugati con grande senso del blues - contemplano Stravinskji, Bartók, la dodecafonia di Schönberg e il puntillismo di Webern, e si spingono fino a Maderna, Penderecki, Cage, Ligeti, Berio e Stockhausen. L’interesse per questi ultimi autori lo ha portato a maturare una propensione per la musica elettronica, sia per il suo funzionale impiego delle tastiere, che per l’apporto dei live electronics, sempre sfruttati come elemento interattivo. Questa tendenza è documentata appieno da Le case di Berio (Alfa Music, 2005) e ha trovato riscontri significativi in due esperimenti di interazione - e non di sonorizzazione! - con le immagini di due film di culto dalle tinte fortemente espressioniste: Nosferatu di Dietrich Murnau e Metropolis di Fritz Lang. Tali esperienze sono state trasposte anche sui Cd eponimi: il primo, in duo con il batterista Paolo Pellegatti (Dire, 1994); il secondo (Columbia, 1998) con il contrabbassista Marco Vaggi.
Fortemente convinto della funzione sociale della musica, Intra anima la scena culturale della sua Milano fin dagli anni Sessanta, quando gestiva il locale Intra’s Derby Club, punto di incontro e confronto per musicisti, cantanti e attori di cabaret. Occupa inoltre una posizione di rilievo come didatta, in qualità di responsabile dei Civici Corsi di Jazz e direttore dell’orchestra della scuola, la Civica Jazz Band. Bisogna infine sottolineare il suo impegno politico militante, tradotto anche in due dischi-manifesto degli anni Settanta: Nuova civiltà (Eccetera, 1972), registrato in una fabbrica; To the Victims of Vietnam (Ri-Fi, 1974), definito dallo stesso autore opera di musica totale. Sempre a proposito di dischi programmatici, vale la pena di segnalare Archètipo (Ri-Fi, 1969), sottotitolato Il jazz libero di Enrico Intra, concepito per un organico comprendente flauto, oboe e violoncello. Esaminando la sua copiosa discografia, si può constatare come sia frutto di progetti diversi, comprendenti però relativamente pochi incontri con musicisti americani. Tra i più significativi, Milt Jackson Sings (Derby, 1964), con Jackson nell’insolita veste di cantante; Gerry Mulligan Meets Enrico Intra (Produttori Associati, 1975); Liebman Meets Intra (Alfa Music, 2008). Nell’ultimo decennio la proficua collaborazione con Alfa Music ha prodotto altri lavori degni di nota: Like Monk (2006), con Gianluigi Trovesi; Il trio, con Giovanni Tommaso e Roberto Gatto; Piani Diversi (2011), che abbina composizioni per piano di Intra ed estratti dalla Suite op. 14 di Bartók eseguiti dalla pianista Giulia Molteni; Bluestop (2013), duo pianistico con Enrico Pieranunzi; Three Generations (2016), che riunisce tre generazioni del jazz italiano: Intra, Paolino Dalla Porta (cb) e Mattia Cigalini (as, ss).
Per quanto prima dell’intervista Intra faccia riferimento alla difficoltà di tradurre i pensieri con le parole, il suo eloquio è lucido e fluente. Così come è lucida e rivelatrice della sua poetica la riflessione sull’importanza del silenzio in musica in un suo recente scritto, di cui riportiamo qui un breve estratto: "(…) Il silenzio in musica potrebbe essere un ossimoro. O c’è musica o c’è silenzio. Contrariamente a quello che si può pensare, invece, il silenzio è la colonna portante dell’avvenimento. (…) In un percorso sonoro il silenzio – non la pausa, ma un silenzio tra un suono e l’altro – è respiro, attimo di attesa, di preparazione, di emozione”.
Propos recueillis par Enzo Boddi Photos Umberto Germinale et Photos X by courtesy of Enrico Intra/Associazione Culturale Musica Oggi (ACMO)
© Jazz Hot n°679, printemps 2017
Jazz Hot: Fino agli anni Cinquanta molti musicisti italiani aderivano inevitabilmente ai modelli americani. In questi ultimi decenni com’è cambiato e come si è evoluto il jazz italiano?
Enrico Intra: Naturalmente ognuno ha bisogno di punti di riferimento e di modelli per crescere: il fratello minore verso il maggiore, il fratello maggiore verso il genitore. Quindi, guai se non ci fossero i modelli. Abbiamo alle spalle secoli di musica, che parte dal gregoriano. Un musicista americano - non ricordo più quale - sosteneva che bisogna copiare, copiare, copiare, poi studiare, studiare, studiare e infine trovare la propria strada. Vale a dire, mettere insieme un mosaico di esperienze memorizzate. Nel mio caso, il processo è durato più di mezzo secolo. Ho cominciato prestissimo, come un cosiddetto "bambino prodigio”. Vivevo in mezzo alla musica, dato che il mio fratello maggiore, Gianfranco, frequentava il conservatorio. Infatti, sarebbe poi diventato direttore d’orchestra e arrangiatore. La volontà di trovare una mia strada è partita dalla curiosità di sfogliare spartiti ed elaborare canzoni e motivi popolari. Durante la seconda guerra mondiale in Italia abbiamo avuto una "generazione del silenzio”, cosa che inizialmente aveva costretto molti miei colleghi della generazione precedente alla mia – come Franco Cerri e Gorni Kramer – a copiare i modelli. Si prendevano quei pochi dischi – i cosiddetti "padelloni”, che arrivavano di nascosto grazie a quei musicisti che viaggiavano sulle navi - e si copiavano pari pari non solo i temi, ma anche le improvvisazioni. È ovvio che, se si utilizzano le improvvisazioni altrui, queste finiscono per diventare musica scritta nella memoria, smentendo il carattere di estemporaneità dell’improvvisazione stessa.
Però l’estemporaneità è un principio che più tardi molti jazzisti italiani hanno rispettato…
Più tardi il jazz si è arricchito dal punto di vista armonico e, grazie anche all’influenza di compositori contemporanei come Varèse, ha adottato tempi scomposti (3/4, 5/4, 9/8, 12/8 e così via). Fortunatamente, il nostro linguaggio è onnivoro, essendo l’unico idioma contemporaneo che vive alla giornata e assimila tutto ciò che gli sta attorno. Non è musica scritta perché commissionata, come la musica classica, straordinaria ma ferma nel tempo, fortunatamente mantenuta in vita dagli esecutori ma ingabbiata dalle regole. In questo senso, il jazz è autentica musica contemporanea. Ai ragazzi della scuola Civici Corsi di Jazz, di cui sono responsabile assieme a Maurizio Franco, faccio sempre questo esempio: il jazz è un serpentone che va e andrà sempre avanti perché è immortale. Tutti dicono che il jazz è morto: non è vero niente! Prendiamo ad esempio Armstrong, che ha modificato il modo di suonare la tromba inventando un suo suono, o Davis che ha colto il momento dell’elettronica e ha saputo cambiare. Tutto questo offre un quadro della potenza di questo linguaggio, in cui ci si inserisce con la propria memoria storica, dal canto gregoriano alla musica per banda, dal tonale all’atonale, dalla consonanza alla dissonanza, senza regole castranti per l’improvvisazione e la creatività. Trasgredire è importante per evitare il già detto, il già scritto e il già sentito.
Per te, oltre alla preparazione formale, quanto ha contato il processo di apprendimento sul campo?
Sono stato fortunato a crescere in un ambiente musicale, ma non posso dire di aver imparato direttamente da dei maestri o dalla frequentazione di altri grandi musicisti d’oltreoceano. Più che altro, traggo ispirazione da quello che mi circonda. Ho ascoltato e ascolto pochissimo perché ho paura di imitare. Ovviamente, ho incontrato dei grandi musicisti, come Gerry Mulligan, che mi fu presentato dal critico Franco Fayenz. Mulligan volle ascoltare alcuni miei lavori, alcuni dei quali incisi anche con orchestra sinfonica, e di conseguenza mi propose di fare il disco Mulligan Meets Intra. Per il resto, mi sono sempre limitato a brevi ascolti per documentarmi e per capire meglio a che punto era arrivato, ad esempio, Oscar Peterson. In casa, da giovane, ascoltavo i pianisti di cui mio fratello mi portava i dischi: Peterson appunto, George Shearing, Art Tatum, Russ Freeman, Bud Powell, Lennie Tristano. Ovviamente li imitavo per poi cercare di abbandonarli ed elaborare una mia sintesi. Nel lontano 1957, a 22 anni, al secondo Festival del Jazz di Sanremo (al quale parteciparono Sidney Bechet e Giorgio Gaslini che presentò Tempo e relazione), proposi con il mio trio l’esperimento The Classic Jazz e arrivai secondo dopo Martial Solal, musicista che stimo tantissimo.
Negli anni Sessanta Milano, come capitale economica e motore trainante del paese, era una città culturalmente molto vivace. Allora esistevano molte intime connessioni tra le varie espressioni artistiche e tu fosti tra i protagonisti di quella stagione con l’Intra’s Derby Club.
In origine era uno spazio in un hotel, sotto al quale si trovava una cantina chiamata Derby. Alla fine degli anni Cinquanta il proprietario, Gianni Bongiovanni, venne al Santa Tecla – locale dove mi esibivo con il mio trio e dove ogni tanto suonava anche Chet Baker - e mi propose di gestire quello spazio, che nacque come jazz club. Inizialmente ero così demoralizzato dall’indifferenza degli spettatori (non paganti) del Santa Tecla che decisi – facendo una stupidaggine tipica dell’età giovanile! – di non avere un rapporto con il pubblico. Così, feci mettere delle canne davanti al palco dove suonavamo. Purtroppo allora molta gente frequentava questi posti per mangiare, parlare o per trovare delle ragazze; solo una minoranza veniva per ascoltare. In seguito feci togliere quelle canne, ma quando mi resi conto che col jazz non c’era possibilità di guadagnare una lira, ebbi un’intuizione. Il mio batterista Pupo De Luca raccontava delle cose "particolari”. Ad esempio, aveva scritto Il frottoliere con un linguaggio un po’ futurista, alla Marinetti. Raccontava delle favole – che so, Biancaneve – con un linguaggio tutto suo, surreale, e la gente si divertiva. Da allora in poi cominciarono a venire da noi vari personaggi – poeti, cantanti, attori, cabarettisti ecc. – che avevano nuove idee da esprimere. Dopo tre anni lasciai l’Intra’s Derby Club per aprire, in Corso Vittorio Emanuele, l’Intra’s al Corso, locale diviso in due spazi: al piano di sopra il jazz, con Franco D’Andrea, Gato Barbieri, Giorgio Buratti e Gil Cuppini; al piano di sotto, gruppi beat e pop. Feci una società con Piero Sugar (figlio di Ladislao, l’editore delle Messaggerie Musicali) e per sopravvivere mi misi a scrivere arrangiamenti di musica leggera per una casa discografica di cui era direttore artistico mio fratello Gianfranco. Lì ho imparato sul campo, come si dice, a fare gli arrangiamenti per cantanti come Iva Zanicchi o Fred Bongusto, all’epoca molto popolari. Ho partecipato per sei mesi anche a un’edizione della trasmissione tv Domenica In, dove invitavo musicisti come Severino Gazzelloni o Gianni Basso (ma ovviamente gli autori preferivano scelte molto più "popolari”!).
Tuttavia, bisogna ammettere che nella RAI democristiana degli anni Sessanta e Settanta si poteva anche ascoltare fior di musica e vedere ottimi programmi culturali.
Me ne ricordo uno, fatto a Napoli e intitolato Coabitazione (1974, ndr), a cui partecipammo io con il mio trio (con il batterista Tullio De Piscopo ai suoi primi passi) e Renato Sellani. Questo programma viene trasmesso ogni tanto dalla RAI alle due di notte. Quante orchestre ho diretto alla RAI! Purtroppo tutte quelle orchestre sono state sfasciate. Alla RAI di Milano avevamo un’orchestra formata da gente come Gianni Basso, Eraldo Volontè, Oscar Valdambrini, Gianluigi Trovesi, Gil Cuppini. Tutto distrutto!
Gli anni Settanta segnarono una contrapposizione e provocarono anche delle contraddizioni per quanto riguarda la percezione stessa del jazz in Italia. Per cui, tutto quello che era free e avanguardia – indipendentemente dai contenuti e dalla qualità – era ben accetto e considerato una sorta di "verbo”. Per contro, venivano quasi banditi musicisti come Gerry Mulligan, Stan Getz, Chet Baker o chiunque in Italia si esprimesse nel linguaggio della tradizione. Come hai vissuto questa politicizzazione, talvolta molto artificiale, del jazz in Italia?
Io l’ho vissuta bene, perché ho capito che quel momento storico era necessario. Il cosiddetto free jazz ha creato anche un sacco di confusione. Chi ha superato la storia si è inserito in questa fase di trasgressione, in cui i musicisti che avevano dato il via al free jazz sentivano il desiderio di liberarsi dagli schemi. Naturalmente, in seguito in questo "calderone” si sono buttati tutti, alcuni anche in modo non onesto intellettualmente, senza essere pronti e senza il desiderio di cambiare e trovare un altro tipo di improvvisazione, ma solo per approfittare della situazione. L’equivoco nasceva dal fatto che questa musica era considerata musica libera, quindi rappresentava le lotte degli afroamericani verso una società che li emarginava. Però, ripeto, era un momento necessario. Poi le scorie sono state abbandonate e filtrate, ed è rimasta la voglia di andare oltre, senza fermarsi alle solite dodici battute, all’applicazione delle scale. La grande novità all’epoca era l’applicazione delle scale sulle armonie, ma le armonie sono sempre quelle. Prendiamo il caso della Berklee, che sforna musicisti tutti uguali. Come dicevo prima, studiare è fondamentale, ma una volta fatta la Berklee, bisognerebbe dimenticarla e inventarsi una propria "scuola”. E questa pigrizia si riflette nella didattica, che è ferma alla rivoluzione del be bop.
Vorrei appunto che tu esprimessi la tua valutazione sulla didattica oggi e, in particolare, tracciassi un bilancio sull’attività dei Civici Corsi di Jazz.
La didattica che si fa in Italia è come il jazz degli anni Cinquanta ed è presa totalmente dalla Berklee School. Molti docenti l’hanno frequentata e applicano quei metodi. In questo senso, fanno il loro dovere, perché si tratta certamente di una grande didattica, ma dovrebbe essere il punto di partenza per andare oltre. Molti docenti invece si fermano a quello che sanno. Io avevo un pappagallo che sapeva improvvisare e una volta scrissi un articolo che si intitolava Anche i pappagalli sanno improvvisare. Per fortuna, alcuni docenti hanno saputo trasgredire e andare oltre quello che avevano appreso. La nostra scuola è nata nel 1987 su iniziativa dell’Associazione Culturale Musica Oggi. Anch’io ho tre o quattro musicisti che arrivano dalla Berklee. A loro raccomando di non insegnare ciò che gli è stato insegnato, ma di chiedere ai propri studenti di cosa hanno bisogno. È sui bisogni individuali che scatta la creatività e da questa molla magari può nascere una didattica diversa, fatta sul campo. L’importante è rispondere alle esigenze con le proprie risposte, non con quelle ricevute dagli altri. La nostra scuola si salva perché alcuni hanno capito qual è il problema: personalizzare la didattica. È difficile, ma è quello che io e Maurizio Franco ci sforziamo di fare.
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CONTACTS Civici Corsi di Jazz: www.fondazionemilano.eu/musica/pagine/civici-corsi-jazz Associazione culturale Musica Oggi: www.associazionemusicaoggi.it DISCOGRAPHIE
Leader
45t 1957. Enrico Intra Trio, La Voce del Padrone/HMV7EMQ19 LP 1958. IIIrd festival del Jazz di San Remo, Verve 20007 (divers artistes, 1 thème par E. Intra) LP 1958. Line for Lyons, Fox 106 LP 1958. Welcome Mr. Swing, Liberty H8034 CD 1962. Enrico Intra Trio, Jazz In Studio, Rearward 126/Columbia 33QPX8029 LP 1962. Enrico Intra e il suo trio, San Remo 1962, Acquario AN304 LP 1966. Inverno/Fiory/Tentat, G.T.A. 5001LP 1968. San Remo, Columbia 537
LP 1969. Archetipo-Il Jazz Libero Europeo di Enrico Intra, Rifi 14033
LP 1970. Messa d’Oggi, Rifi 14043
LP 1972. Nuova Civittà, Eccetera 001
LP 1974. To the Victims of Vietnam, Rifi 14242
LP 1975, Paopop, Rifi 14259
LP 1976. Voci Dal Silenzio, Edizioni Paloline 30.03
LP 1978. Oltre Il Tempo, Oltre Lo Spazio, Edizioni Paloline 30.02
LP 1978. Momento Intra, Rifi 14293
LP 1979. Omaggio A Sinatra-The Voice And The Touch, Rifi 14316
LP 1980. Buon Natale-Concerto Di Melodie Tradizionali, Edizioni Paloline 30.119
LP 1981. Lester Freeman and His Symphony Orchestra, Serie Gialli, Settebello 700003
LP 1983. Lester Freeman and His Combo, Serie Spettacolo, Settebello 700004
LP 1986. Contro La Seduzione (Monografia Sonora - 1985-1986) Ca’ Bianca Club 74702
CD 1991. The Blues, Dire 338
CD 1994. Nosferatu Live, Dire 476783-2
CD 1995. Bach, Cage, Sound Movie, Dire
CD 1999. Wach im Dunklen Garten. Instrumentalmusik nach Gregorianischen Gesängen, Kreuz,
CD 2000. Enrico Intra, Geboren Aus Der Mitte Des Schweigens/Instrumentalmusik nach Gregorianischen Gesängen, Kreuz 3783112842
CD 1999. Dissonanza-consonanza, Musica Jazz 1127
CD 2000. Enrico Intra, Ahnung Kommenden Glücks/Instrumentalmusik nach Gregorianischen Gesängen Kreuz, Sbf (Sound Design)B000028945
CD 2005. Le Case di Berio, Rai Trade-Alfa Music 123
CD 2006. Like Monk, Mis B0041
CD 2008. Live, Duo, Trio, Quartet, Mis B001
CD 2011. Piano Diversi, Alfa Music 5001119
CD 2015. Ottanta Piano Solo, Jazzit 2015-006
CD 2016. Three Generations, Alfa Music 188
Coleader
LP 1969. Milt Jackson With The Enrico Intra Group, Sings, Deby 8009
LP 1971. Ezio Leoni & Enrico Intra, Le Canzoni del Mediterraneo-La Musica di Theodorakis, Rifi 14058
LP 1975. Gli Archi Magici Di Ezio Leoni E Enrico Intra, Vacanze Italiane, Rifi 19272
LP 1976. Gerry Mulligan Meets Enrico Intra, Pausa 7010
LP 1979. Italian Jazz Ensemble, Jil AKIA CAP 7001
LP 1981. Enrico Intra e Franco Cerri, Ommagio a Bill Evans, Dire 361
LP 1983. Cerri–Intra, Effetto Alfa, Paragon/Alfa Romeo 012
LP 1985. Franco Cerri e Enrico Intra, From Milan To Frankfurt, Dire 374
CD 1998. Enrico Intra/Marco Vaggi, Metropolis, Columbia 492918 2
CD 2007. Franco Cerri/Enrico Intra, Jazzitaliano Live, Casa Del Jazz 09
CD 2008. Liebman Meets Intra Live, Egea 01
CD 2008. Intra Enrico, Fabbriciani Roberto-Duets-Sound Project, Limen B007N6LXFA
CD 2009. Enrico Intra/Franco Ambrosetti, Live in Milan, Duo, Trio, Quartet, Albore Jazz 006
CD 2010. Roberto Gatto/Giovanni Tommaso/Enrico Intra, Il Trio. Canzoni Preludi Notturni, Alfa Music 169
CD 2014. Enrico Pieranunzi/Enrico Intra, Bluestop Live, Alfa Music 169
CD 2016. Nicola Calgari Quartet Featuring Enrico Intra, Ricordiamoci Del Futuro, Unit Records 4615
Sideman
LP 1959. Il Nord, 10 Anni di Jazz in Italia 1949-1959, Astraphon 10001
LP 1960. Lullaby For Trio (as E. Intra)-Various III Festival Del Jazz San Remo, Carisch 15301,
LP 1962. Tune Up, Various-40 Anni Dio Jazz In Italia (A Cura Di Adriano Mazzoletti), Ricordi 8007/8
LP 1966. Pupo De Luca, A Scuola Con Pupo De Luca, Durium 77138
LP 1968. Blues Per Noi (1a Parte), Various- Daning Party, Odeon 9013
LP 1970. Iva, Caro Theodorakis,Iva, Rifi 14042
LP 1971. Fred Bongusto, Un’Occasione Per Dirti Che Ti Amo, Rifi 14202
LP 1972. Mack Potter, Peace On You, Rifi 14213
LP 1976. Iva Zanicchi, Cara Napoli, Rifi 69002
CD 1981. Pino D’Angio,…Balla, Bellaphon 288-07-023
LP 1981. Franco Cerri, Omaggio a Bill Evans, Dire 361
LP 1988. X Quintet, Nightingale Various Italian Jazz Graffiti, Musica Jazz 1064
LP 1988. Italian Vocal Ensemble, The Razor Edge, Splasc(h) 163
LP 1989. La Strada del Petrolio, Various Italian Jazz Graffiti, Musica Jazz 1075
CD 1999. Civica Jazz Band/Ensemble dell’ Orchestre Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, The Symphonic Ellington, Night Creature, Soul Note 00001
CD 2000. Franco Cerri/Civica Jazz Band, Enrico Intra, Bernstein/Gershwin/Rodgers, Soul Note B01K8N2LJ6
CD 2002, Civica Jazz Band, Italian Jazz Graffiti, Soul Note 108238
CD 2003. Volare, Iseo Jazz Dieci Anni Di Jazz Italiano, CDpM Lion 142 -2
CD 2013. Ricardo Luppi & Civica Jazz Band, Ommagio a Sun Ra, Musica Jazz 1273
DVD
Duets. Vol 1 Enrico Intra e Roberto Fabriciani, Egea
Maurizio Franco, Enrico Intra: IntraMood, livre DDV 2008
BIBLIOGRAPHIE
• Enrico Intra, Audiotattile, avec CD Audio, Editore Sinfonica Jazz Ediz. Musicali
• Enrico Intra, Intramood, EditoreSinfonica Jazz Ediz. Musicali
• Maurizio Maiotti (con la collaborazione di Armando Buscema), "1944-1963: i complessi musicali italiani. La loro storia attraverso le immagini.", Maiotti Editore, 2010, alla voce Enrico Intra Quintet, pp. 192-194,ISBN 88-9011228-5-2
VIDEOS
1973. Enrico Intra, Bruno De Filippi, Giancarlo Barigozzi, De Piscopo, Bruno Tommaso Tulli https://www.youtube.com/watch?v=G5h6cTjV25Y
2009. Nuages, Duetto Enrico Intra, Franco cerri e Civica Jazz Band https://www.youtube.com/watch?v=sat4URrgnO4
2009. Variazioni su tema Over the Rainbow, Milan, Enrico Intra (p), Pietro Tonolo (ss) https://www.youtube.com/watch?v=A1XMbWHNhpw
2009. Paolo Fresu Trio & Enrico Intra "E se domani" Iseo Jazz 2009 https://www.youtube.com/watch?v=S0MMXLe_fh8&list=PL92149676009BA6AC
2010. Enrico Intra-Piano solo https://www.youtube.com/watch?v=8RRk7Sb6JUM
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