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Fano (V.O.)

1 oct. 2012
Jazz by the Sea, 22-29 luglio
Fano (V.O.) Il festival marchigiano ha compiuto vent’anni in un frangente critico per i brutali tagli inferti alla cultura. Tuttavia, per quanto ridimensionato, il programma ha offerto eventi di indubbio interesse, concentrati all’interno della prestigiosa Corte Malatestiana. Inizialmente il cartellone allineava il trio di Brad Mehldau, l’orchestra di Ray Gelato e il quartetto di Mike Stern, mentre un’appendice (alla Golena del Furlo di Acqualagna) è stata affidata a Victor Bailey col suo V-Funk. I motivi di maggior richiamo si sono però registrati nelle tre serate centrali.
Sulla scorta del recente To Billie with Love: A Celebration of Lady Day, Dee Dee Bridgewater evita scomodi paragoni con Billie Holiday, mantenendo piuttosto l’identità di consumata donna di spettacolo. Lo dimostrano il relax, lo swing e gli accenti spostati di « Lover Man » e lo scat contagioso di « A Foggy Day ». Della Holiday riprende in qualche modo il senso del blues con « Lady Sings the Blues » e soprattutto « Fine and Mellow », a cui conferisce tratti rhythm’n’blues e soul, complice anche il tenore sanguigno di Craig Handy. Caratteristiche confermate con una decisa impronta soul jazz anche nelle riprese di « Music Is the Magic » di Abbey Lincoln e « Compared to What » di Les McCann. Il dialogo è ancor più produttivo quando Handy imbraccia il soprano: nell’alveo modale di « Afro Blue », su un up tempo serrato; nel misurato taglio latino impresso a « My Favorite Things » dall’arrangiamento di Edsel Gomez. La mano sagace del pianista portoricano si avverte spesso: vedi l’originale trattamento di «Besame mucho», trasformata in uno slow rarefatto e impreziosita da un intervento di flauto.
Nell’acclamato duo Omar Sosa-Paolo Fresu prevale l’approccio del pianista cubano, con pregi (pochi) e difetti (molti). La dialettica col trombettista sardo è intensa e trae origine da sequenze modali spesso arricchite da campionamenti di percussioni e voci, oltre agli effetti elettronici con cui Fresu dilata e distorce il suono della tromba sordinata e del flicorno. Il terreno comune è la melodia concepita in varie forme: a tratti meditata e poetica, in altri frangenti accattivante e di facile presa. In questo contesto Fresu rinuncia in parte ad alcuni aspetti della sua cifra distintiva, come ad esempio la configurazione ampia di certe frasi e il retroterra della cultura sarda. Sosa risulta convincente solo quando non eccede, mediando tra il retaggio poliritmico della sua isola, i colori del son e del montuno e il superstrato jazzistico, in cui affiorano fugacemente la potenza ritmica di Tyner e certe asimmetrie monkiane. Altrove, invece, si lascia prendere la mano dal narcisismo e da facili suggestioni di derivazione world. In poche parole, dalla smania di piacere a tutti i costi.

Anticipando la prossima pubblicazione di Landmarks, il quintetto Fellowship incanta letteralmente per la sobria concezione architettonica e l’armonioso equilibrio delle composizioni del leader, il batterista Brian Blade, e del pianista Jon Cowherd. Senza nessuna deriva di tipo hard bop, i temi e gli insiemi sono caratterizzati da un fine gusto melodico. Prendono le mosse da nuclei essenziali che si espandono per graduale accumulo e sono introdotti dagli unisoni ad ampio respiro disegnati da Myron Walden (sa) e Melvin Butler (ts). I due producono anche interessanti impasti timbrici con clarinetto basso e soprano. Inoltre, sono protagonisti di una dialettica proficua che si traduce in fitti call and response permeati da un profondo senso del blues e dal retaggio del gospel e degli spirituals. Quando i timbri di contralto e tenore si inaspriscono e il fraseggio si fa più spigoloso, emerge anche il graffio del rhythm’n’blues. Il meticoloso lavoro di cucitura di Cowherd e le linee avvolgenti del bassista Chris Thomas, dal suono «antico» e viscerale, non solo aprono percorsi fluidi per i solisti, ma integrano l’apporto di Blade: moderno erede di Tony Williams, varia costantemente figurazioni e dinamiche e crea contrasti efficaci, giocando sui controtempi e facendo «danzare» l’impianto ritmico, da leader discreto e fulcro autentico. Una degna conclusione per una rassegna estiva ormai tra le più importanti in Italia.
Enzo Boddi
Foto : Quintetto Fellowship © Amanera Photo, by courtesy of Fano jazz by the sea